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La giovinezza di Wagner fu profondamente influenzata dal patrigno L. Geyer, pittore, attore e poeta che la madre, rimasta vedova, aveva sposato a Dresda, nel 1814. 
Per lungo tempo incerto tra la letteratura, la pittura, la musica decise il proprio destino profondamente suggestionato da Beethoven (Fidelio e IX Sinfonia) e da Weber. 
Dapprima autodidatta, perfezionò le proprie cognizioni musicali sotto la guida di Th. Weinlig, cantore della cattedrale di S. Tommaso di Lipsia. 
Dedicatosi precocemente al teatro musicale, compose le opere Die Hochzeit (1823; Le nozze) rimasta incompiuta, Die Feen (1834; Le fate), Das Liebesverbot (1835; Il divieto d'amore). Intanto aveva iniziato la carriera di direttore d'orchestra, prima a Würzburg, successivamente a Magdeburgo (1834-36) e a Königsberg (1837), dove nel 1836 aveva sposato l'attrice M. Planer. 

 

 

 

Nominato maestro di cappella a Riga, iniziò la composizione di Rienzi (1837) e nel corso di un viaggio a Parigi, dove fece la conoscenza di H. Berlioz ma non riuscì a ottenere l'esecuzione di proprie composizioni, quella del Vascello fantasma. 
Rappresentate con successo a Dresda, dove si era trasferito dal 1842, queste due opere gli valsero la nomina a maestro di cappella di corte (1843). 
Qui compose Tannhäuser e iniziò la composizione di Lohengrin. 
La partecipazione ai moti rivoluzionari del 1848 lo costrinse all'esilio in Svizzera, dove, con la fraterna assistenza di Liszt, si dedicò assiduamente alla stesura dei più importanti scritti di poetica e del libretto dell'Anello del Nibelungo. 
Nel 1853 completò il testo e iniziò la composizione della musica che interruppe nel 1857 per riprenderla soltanto dodici anni più tardi. 
Scriveva intanto - sotto l'influsso della filosofia di A. Schopenhauer e ispirato dall'amore per Mathilde Wesendonk - Tristano e Isotta. 
Nel 1861 avvenne la contrastata rappresentazione del Tannhäuser a Parigi, che, nonostante l'insuccesso, gli procurò larghe simpatie nell'ambiente culturale della città. 
Sostenuto dall'aiuto del re Luigi II di Baviera, si dedicò alla composizione dei Maestri cantori di Norimberga e dell'Anello del Nibelungo. 
Cosima von Bülow, figlia di Liszt e di Marie d'Agoult, lo raggiunse nella sua nuova residenza di Tribschen, presso Lucerna, e si unì a lui in matrimonio nel 1870. 
L'anno successivo decise di costruire a Bayreuth un teatro dalle caratteristiche particolari, destinato a essere la sede di un festival annuale dedicato esclusivamente alle proprie composizioni; la prima pietra venne posta nel maggio del 1872 e l'inaugurazione del teatro avvenne nel 1876 con una rappresentazione dell'Anello del Nibelungo. 
Rattristato dalle difficoltà finanziarie legate alla gigantesca impresa (nonostante l'aiuto generoso di Luigi II) si dedicò alla composizione del Parsifal, rappresentato a Bayreuth nel 1882. Nello stesso anno si trasferì con la moglie a Venezia, dove morì nel pieno possesso delle forze creative. 
L'opera di Wagner costituisce una delle massime espressioni del romanticismo tedesco; per la sua ricchezza e complessità essa costituisce la titanica sintesi di un'intera epoca. 
Le opere giovanili di Wagner, sino a Rienzi compreso, indicano chiaramente modelli tedeschi (Weber e H. A. Marschner), italiani (G. L. P. Spontini e V. Bellini) e francesi (J. Meyerbeer). 
Il vascello fantasma, primo capolavoro wagneriano, prefigura un metodo compositivo basato sullo sviluppo sistematico dei motivi (il nucleo dell'opera si trova infatti nella ballata di Senta); in Tannhäuser la divisione in "numeri" (arie, duetti ecc.) lascia il luogo a partizioni per "scene" di ampio respiro. 
Lohengrin, a sua volta, è caratterizzato da quel flusso continuo della corrente melodica che diverrà una nota distintiva dei capolavori della maturità. 
Nell'Oro del Reno, nella Walkiria, nei primi due atti del Sigfrido (composti tra il 1852 e il 1857), Wagner ha ormai elaborato i fondamenti della sua nuova concezione operistica: la cosiddetta "melodia infinita" che infrange i tradizionali schemi costruttivi del melodramma italiano e francese (pur non rinunciando a più sottili partizioni formali abilmente sottese a un tipo di sviluppo sinfonico ininterrotto); il rilievo conferito al discorso orchestrale, elevato da "accompagnamento delle voci" a fondamentale tessuto connettivo del dramma; l'uso dei cosiddetti "motivi conduttori", che comportano l'equivalenza di simboli musicali a particolari figure, momenti, aspetti dell'azione drammatica; l'identificazione di temi mitici di ascendenza germanica come soggetto privilegiato del dramma musicale. 
Con Tristano e Isotta, Wagner introduce attraverso il cromatismo il germe della dissoluzione tonale nella tradizione musicale europea, ponendosi come precursore del processo che sarebbe culminato nella nuova scuola viennese. 
D'altra parte, con i Maestri cantori di Norimberga, Wagner elevava un grande monumento all'arte musicale tedesca e in particolare alla tecnica contrappuntistica bachiana. 
Il compimento del ciclo dell'Anello del Nibelungo - in una tonalità di pessimismo panteistico di ascendenza schopenhaueriana - mentre costituisce un culmine delle premesse stilistiche precedenti, sottolinea il principio della profonda unità di parola, musica e gesto nella generale concezione del dramma. 
Parsifal, infine, costituisce una sorta di distaccata declinazione dei fondamentali aspetti di stile e di gusto di Wagner: non certo, come si disse per tanto tempo, una sorta di superamento o addirittura di parziale smentita dei loro presupposti. 
L'influenza di Wagner fu enorme su tutta la cultura del primo Ottocento e del primo Novecento; mentre egli non ebbe seguaci ma semplici epigoni, aspetti della sua esperienza estetica ebbero enorme peso su grandi personalità musicali quali A. Bruckner, G. Mahler, H. Wolf, R. Strauss e sullo stesso A. Schönberg; autori come F. W. Nietzsche (che fu tra i più ferventi sostenitori del suo genio prima di divenirne uno dei più violenti detrattori), Ch. Baudelaire, P. Verlaine, S. Mallarmé, M. Proust, P. Claudel, Th. Mann e tanti altri svilupparono in maniera estremamente feconda aspetti del pensiero wagneriano, depositato, oltre che nella gigantesca opera musicale, in un'imponente produzione letteraria. 
Essa comprende, oltre ai libretti delle opere, sintesi delle visioni teoriche di Wagner: tra queste, Arte e rivoluzione (1849), L'opera d'arte dell'avvenire (1850), Il giudaismo nella musica (1850), i cui spunti antiebraici furono isolati e sfruttati arbitrariamente dalla propaganda nazista, Opera e dramma (1851) e inoltre l'ampia rievocazione autobiografica La mia vita (postuma, 1911). 
A questo proposito, è impossibile non accennare al suo travagliato rapporto con Nietszche. 
Il giovane filosofo, infatti, manifestò per l'autore del Parsifal un entusiasmo pari solo alla veemenza con cui successivamente lo respinse. 
La svolta arriva con "Umano, troppo umano" (1878), in cui Nietszche denuncia la progressiva intellettualizzazione dell'arte, un processo che giunge all'acme negativa, a suo dire, proprio con Wagner: "Il brutto, il misterioso, il terribile del mondo", scrive Nietzsche, "vengono progressivamente addomesticati dalle arti e dalla musica in particolare... ciò corrisponde a un ottundimento della nostra capacità sensoriale". 
Con "Il caso Wagner" (1884), poi, l'attacco al compositore si fa aperto. 
Fra le accuse che vengono rivolte dall'irruente filosofo al compositore si legge l'affermazione di un profondo misconoscimento del ruolo dell'opera, sfiducia nella sua autonomia, trasformazione dell'arte nel "portavoce della metafisica", nel "ventriloquo d'Iddio". 
Ma, più che una imputazione di colpa, quella di Nietzsche è l'analisi dei sintomi di una malattia di cui l'artista sarebbe affetto, e che ammorba anche la musica: "Wagner è un nevrotico". 
O, come si denuncia in altre pagine, "un decadente". 
Nietzsche insomma radiografa, a partire dal "sintomo" Wagner, la crisi che affligge la modernità nella sua interezza. 
Wagner si accoda, nell'invettiva niciana a quell'impoverimento teorico che intacca tutte le manifestazioni artistiche sfaldandone il rapporto con la vita attraverso un processo che decompone le opere privilegiando il particolare sull'unità, la frase sulla pagina, la parola sulla frase. 
E' quel che accade, sul piano filosofico, alla storiografia, malattia storica che rende incapaci di stringere la sintesi di una grande narrazione. 
Ed è quel che accade nello specifico nella musica dove, a discapito della perfezione e della semplicità del "grande stile", acquistano rilievo la retorica, la scenografia, l'istrionismo, i virtuosismi, l'eccedenza espressiva che vuole compiacere il gusto delle masse (sarebbe il trucco di Wagner, "il commediante"). 
Tuttavia, le ragioni di un attacco così veemente (che pur porta Nietzsche a individuare con intelligenza geniale i punti di forza e le capacità di seduzione del fenomeno Wagner) sono del tutto personali. 
Lo stesso filosofo sa bene (e lo dimostra negli scritti di "Ecce homo") di essere tanto quanto Wagner, un decadente, un figlio del proprio tempo che non può che "concrescere con il wagnerismo" ed è pertanto costretto a difendersi dal contagio di quella stessa malattia..

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