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Considerata una delle paladine del neo folk, Suzanne Vega è stata un'artista che ha avuto un grandissimo successo  tra la metà degli anni '80 e i primi anni '90. Cantautrice dai modi delicati, grazie alle sue raffinate doti vocali e al suono della sua chitarra acustica ha riportato alla mente cantanti come Joni Mitchell per lo stile musicale e Leonard Cohen per l'interpretazione narrativa e per il valore letterario dei testi. Purtroppo dopo un avvio di carriera più che scintillante e promettente, non riuscì a ripetersi ad altissimi livelli nel prosieguo della carriera, pur mantenedo un discreto ed apprezzaabile consenso e riscontro  positivo da parte della critica specializzata e dai suoi fans. Il suo album di maggior successo fu "SOLITUDE STANDING", il disco che contiene i suoi due più grandi hit da classifica: la tenera ballata “Luka”, che sullo sfondo di una soffice melodia affronta il tema scomodo delle violenze sui minori, e il brano a cappella “Tom’s diner”, che otterrà riscontri ancora maggiori quando quattro anni dopo verrà remixato in versione electro-dance dal duo inglese dei DNA. 

Considerata una delle cantautrici di maggior talento della sua generazione, Suzanne Vega si è imposta all’inizio degli anni Ottanta come figura di spicco del folk revival. A quei tempi cantava (nei club del Greenwich Village) canzoni che lei stessa componeva, un genere in seguito definito folk contemporaneo o neo-folk. Dopo l’uscita del primo album (Suzanne Vega, 1985), accolto ottimamente dalla critica, si è esibita nei più prestigiosi teatri e concert hall del mondo, registrando ovunque il tutto esaurito. Senza affettazioni o falsa teatralità, Suzanne Vega canta con una voce chiara e pulita, malinconica, ma estremamente vigorosa. Le canzoni di Suzanne hanno sempre cercato di focalizzare sulla vita urbana, sulla gente comune e sulle tematiche del mondo reale, con l’occhio clinico (ma poetico) di un esperto cantastorie. Sempre essenziali e mai sopra le righe, spesso cerebrali, ma anche vicini alla vita di strada, i suoi testi suggeriscono sempre interpretazioni sfaccettate. In breve, le canzoni di Suzanne Vega sono immediatamente riconoscibili, perché chiare e profondamente meditate, creative e ispirate come lo erano vent’anni fa. Suzanne nasce a Santa Monica, in California, ma cresce a New York, tra Harlem e l’Upper West Side, con la madre e il patrigno, lo scrittore portoricano Edgardo Vega Yunque. In casa si ascolta musica di tutti i generi e da tutto il mondo: Motown, bossa nova, jazz e folk. A 11 anni Suzanne imbraccia la chitarra e semplicemente comincia a scrivere canzoni. Ma è nel 1979, dopo un concerto di Lou Reed, che inizia a sviluppare un’idea più matura di quello che avrebbe voluto fare, lavorando sulla voce e sulla sua visione del folk contemporaneo. Receptionist di giorno e cantante al Greenwich Village di sera, presto comincia a esibirsi in locali abbastanza convenzionali, come il Bottom Line e il Folk City. Il pubblico vero è altrove… Nel 1985 pubblica finalmente l’album di debutto, Suzanne Vega. Nonostante le modeste aspettative dell’etichetta, la A&M, il disco vende un milione di copie, e la canzone Marlene on the Wall sale in vetta alle classifiche. Nel 1987 esce Solitude Standing e Suzanne diventa definitivamente una star. L’album viene nominato a tre Grammy Award, tra cui Album dell’anno, e le canzoni Luka e Tom’s Diner diventano classici della musica pop e vengono reinterpretate da diversi musicisti in tutto il mondo. L’album successivo, Days of Open Hand, è coprodotto da Suzanne e Anton Sanko e vede la partecipazione di Philip Glass agli arrangiamenti. Nel 1992 esce 99.9F, un’opera certamente più ermetica, il cui genere viene definito “industrial folk” e “technofolk”, e che riceve un New York Music Award come miglior album rock. Nel 1996 pubblica Nine Objects of Desire, prodotto da Mitchell Froom, che nel frattempo era diventato suo marito. La canzone Woman On the Tier (I’ll See You Through) viene inclusa nella colonna sonora di Dead Man Walking. Tre anni dopo pubblica The Passionate Eye: The Collected Writings of Suzanne Vega, una raccolta di poesie, saggi e articoli. Nel 2001 torna alle sue radici acustiche con il disco Songs In Red and Gray, accolto ottimamente da pubblico e critica. Lo stile neo-folk di Suzanne si è trasformato in un vero e proprio movimento folk-pop acustico e tutto al femminile, di cui fanno parte anche Tracy Chapman, Shawn Colvin e le Indigo Girls. Nel 1997, Suzanne si unisce al Lilith Fair tour di Sarah McLachlan, che intende celebrare le voci femminili del rock e del pop ed è invitata a tutte le edizioni successive del festival. Nel 2007 esce il nuovo album, Beauty & Crime, con la Blue Note Records. Suzanne descrive, con un tocco del tutto personale, la sua New York, la perdita del fratello Tim e la tragedia dell’11 Settembre. Ma il disco non è triste, perché è dominato dall’amore per New York, tematica e insieme ambientazione dell’album. In Beauty & Crime Suzanne mescola il passato col presente, il pubblico col privato, i suoni familiari con altri completamente nuovi, proprio come fa la stessa città. Anniversary, che chiude il nuovo album, rievoca l’autunno del 2002, quando per la prima volta i newyorchesi hanno commemorato la tragedia delle Torri Gemelle e quando Suzanne ricorda la scomparsa del fratello. Ad ogni modo, c’è più ispirazione che elegia: “Trova il tempo per tutte le tue possibilità,” canta Suzanne alla fine della canzone, “vivono in ogni strada.” Suzanne Vega è un’artista che continua a sorprendere. Dedica molto del suo tempo ed energia alle cause, collaborando con Amnesty International, Casa Alianza e la Save Darfur Coalition. Nel 2006 è stata una delle prime cantanti ad esibirsi in Second Life tramite il suo avatar. Suzanne è sposata con un avvocato/poeta, Paul Mills, che le aveva chiesto la mano nell’83, ottenendo una risposta nel 2005, ventidue anni dopo. Affascinante come i newyorchesi che l’hanno ispirata, Suzanne è piena di storie e sorprese: le rivelazioni quotidiane, la saggezza dell’esperienza, tutte le piccole cose, strane, casuali, miracolose, che hanno dato vita a una carriera singolare, o forse solo a un’altra vita vissuta nella Grande Mela.

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